Verso la fine del processo panico

Si è conclusa oggi la settimana di udienze finali del processo panico. Lunedì 15 e metà di martedì 16 si è svolta la parte finale della fase dibattimentale; dalla parte dell’accusa, la trattazione dell’ultima tranche di trascrizioni peritali delle intercettazioni, ambientali e telefoniche; da parte della difesa, sono state sollevate alcune obiezioni rispetto all’ingerenza del perito dell’accusa nelle attività del perito del tribunale (ovvero: l’intercettazione principale con cui hanno accusato Paska è stata prima trascritta in modo diverso dal perito del tribunale, poi corretta dopo le pressioni dell’accusa per farla tornare conforme all'”originale”). Poi è stato sentito un testimone della difesa rispetto al piede rotto di Ghespe nel periodo intorno a capodanno.

Nel pomeriggio di martedì c’è stata la requisitoria dei pm e delle parti civili, e queste sono abbastanza inutili da commentare, han dato il peggio di sé. Le richieste per i 28 imputati sono state piuttosto alte, come d’altronde ci si aspettava. I capi d’imputazione per ciascuno sono rimasti invariati rispetto alla chiusura indagine.

I 4 accusati dei fatti di capodanno: 10 anni per Ghespe e Nicola (quest’ultimo gravato, oltre che del 416, anche di un presidio a Sollicciano ad agosto), 10 anni e mezzo per Paska (anche lui compreso nell’associazione dal novembre 2016), 11 anni per Giova (accusato inoltre di essere diventato capo organizzatore del’associazione dal gennaio 2017).

Per le altre due grottescamente definite “cape” dell’associazione le richieste sono di 6 e 4 anni.

Per altri 8 imputati nell’associazione le richieste si aggirano tra i 2 e i 3 anni, per i rimanenti due invece sono 4 e 7 anni.

Per i restanti 13 imputati per vari specifici fuori dall’associazione le richieste vanno da 15 giorni di carcere a un anno e mezzo. Complessivamente, i pm hanno chiesto 86 anni di carcere.

Per quanto riguarda le parti civili, Vece ha chiesto la realistica cifra di 2 milioni di euro; il sindacato di polizia Siulp ha chiesto 100.000 euro, Bargello e Casapound 10 mila a testa. Tra le parti civili vi erano anche il ministero dell’interno, della difesa e un passante del corteo del 25 aprile, ma non ci ricordiamo quanto hanno chiesto, per quel che ci interessa.

Le giornate di mercoledì e giovedì sono state dedicate alle arringhe dei tre avvocati della difesa e, in battuta finale, giovedì è stato sentito nuovamente uno dei pm per una vaneggiante replica.

Lunedì 22 è stato confermato come ultimo atto del primo grado del processo. L’udienza inizia alle 9 e mezza, ci saranno le controrepliche della difesa. Poi i giudici si ritireranno in camera di consiglio ed a un certo punto della giornata emetteranno la sentenza.

Giova, Ghespe e Paska saranno presenti in aula quel giorno, come lo sono stati per queste ultime udienze, e apprezzano la presenza in aula dei compagni. Il nostro pensiero principale va a loro, ancora rinchiusi ai domiciliari con tutte le restrizioni. FORZA!

Aggiornamenti dall’udienza del 4 aprile e nuova calendarizzazione delle udienze

All’udienza era presente Paska ed una decina di compagni. All’inizio Paska ha fatto una breve dichiarazione per mettere a conoscenza del fatto che gli sta venendo fotocopiata la corrispondenza nonostante non sia sottoposto a censura da parte dell’autorità giudiziaria. Per questo, vista la persistenza di una fastidiosa ulteriore sorveglianza nei suoi confronti, è rinnovata l’importanza di scrivergli per mostrare la nostra solidarietà per lui, e la nostra ostilità nei loro confronti. Successivamente ha deposto la digos in merito all’attribuzione di identità dei conversanti in alcune intercettazioni ambientali.

Poi è stata la volta dei periti nominati dal tribunale. Il medico legale ha fondamentalmente sostenuto che l’artificiere non ha subito lesioni potenzialmente letali e non è mai stato in pericolo di vita. Il perito dell’accusa, nonostante abbia insistito sulla possibilità che se le schegge dell’ordigno avessero colpito altre regioni avrebbero potuto avere conseguenze letali, ha convenuto sul fatto che il pericolo di vita non ci sia stato. Il perito della difesa ha sottoscritto le dichiarazioni di quello del tribunale e, con l’acquisizione del dato radiologico, ha confermato la distanza delle schegge da parti vitali e l’assoluta non micidialità dell’ordigno. La conclusione pressoché condivisa, quindi, è che siccome non c’è stato pericolo di vita, è possibile parlare al massimo di lesioni gravissime.

In seguito è stata la volta del genetista e del biostatistico nominati dal tribunale che hanno deciso di non effettuare una nuova analisi del dna in quanto, a detta loro, la quantità residua presente sul reperto era di 5 microlitri mentre le precedenti analisi effettuate dalla perita dell’accusa erano su campioni di 15 microlitri. Pertanto hanno solo controllato la correttezza dei calcoli e dell’analisi effettuati dall’accusa confermando che l’ipotesi accusatoria (ovvero che sull’ordigno sia presente il DNA di un soggetto che presumono sia Ghespe) era enormemente superiore a quella della difesa. Hanno comunque precisato che l’analisi del dna fornisce soltanto una probabilità, se pur alta, e mai una certezza, per questo loro non possono trarre conclusioni, questo compito spetta a chi giudica. Il genetista della difesa ha contestato il fatto che non siano state effettuate nuove analisi sul pur piccolo campione residuo (fatto che costituiva in effetti l’argomento del quesito posto dal tribunale) e che proprio l’accusa, a differenza sua, avendo precedentemente sostenuto in aula la non importanza della quantità di materiale e dei metodi d’analisi fosse perciò in contraddizione con se stessa. Il perito ha insistito che la presenza di 5 alleli su 7 sistemi comportasse la presenza di almeno 3 donatori sul campione (visto che ogni individuo può contribuire al massimo 2 alleli per sistema) e che, ovviamente, aumentando i soggetti in questione cambierebbe anche il rapporto di verosimiglianza. Inoltre interrogava sul fatto che, essendo di almeno 2 soggetti oltre all’artificiere il dna presente sul reperto, l’unico attribuito non potrebbe necessariamente rappresentare quello del “colpevole” e, a maggior ragione, avrebbe potuto essere presente fortuitamente, ad esempio per trasporto. Per la cronaca stiamo parlando di un campione misto la cui analisi ha riguardato 7 cellule. L’udienza è terminata con una nuova calendarizzazione delle udienze in quanto il perito che si occupa delle trascrizioni non era stato in grado di effettuare la trascrizione della mole di intercettazioni ambientali ed è stata necessaria la nomina di altri periti in suo supporto. Le udienze dell’11 e del 12 aprile perciò salteranno. Le prossime saranno quella del 18, dove dovrebbero essere trattate queste intercettazioni; il 24 dovrebbe esserci la requisitoria dell’accusa e delle parti civili, mentre il 29, il 30 aprile e il 6 maggio sarà la volta delle arringhe della difesa. Il 9 maggio è stata stabilita come data inderogabile in cui sarà emessa la sentenza. Paska, in forma e sorridente, ci ha salutato dicendoci che ci vediamo il 18 (alle ore 9).

Resoconto dell’udienza dell’8 novembre

Giovedì 8 novembre c’è stata la terza udienza per l’Operazione Panico. Come si sia svolta, non si sa e alla fine non ci interessa più di tanto. I fatti si commentano da soli.

In aula erano presenti Giova, Ghespe e Paska, qualuno degli imputati, e un pubblico di compagni. Non appena è iniziata l’udienza, Paska ha chiesto la parola, tramite il suo avvocato, per leggere una dichiarazione. E’ arrivato in aula con i segni delle botte prese nel carcere di La Spezia la mattina stessa, prima della traduzione a Firenze. Ha iniziato a leggere la sua dichiarazione, che cominciava narrando il pestaggio da parte dei secondini, ma il giudice ha ordinato subito che gli venisse spento il microfono, blaterando che ciò che stava dicendo non era pertinente al processo, che quella non era la sede competente per  denunciare quei fatti e cazzate simili. Paska, nonostante ciò, ha continuato a leggere alzando la voce, ma è stato strattonato via dalle infami guardie, che hanno tentato di strappargli di mano i fogli, rinchiudendolo nei sotterranei del tribunale. I compagni presenti e gli imputati si sono alzati protestando rumorosamente, e per tutta risposta il giudice ha espulso il pubblico dall’aula. A quel punto, anche gli imputati sono usciti per confrontarsi con gli altri, mentre l’avvocato di Paska ha chiesto che fosse riammesso in aula, anche nella gabbia se necessario, e ha ricordato che il suo assistito è da qualche giorno in sciopero della fame per protestare contro le condizioni detentive e per chiedere il trasferimento ad un altro carcere. Al giudice, ovviamente, gliene importava ben poco, e ha disposto che Paska rimanesse chiuso nelle celle sotterranee. Gli imputati sono rientrati in aula per leggere una breve dichiarazione, affermando che anche il giudice è complice dei maltrattamenti che sta subendo Paska in carcere, ribadendo la solidarietà ai tre compagni prigionieri e la volontà di non continuare ad assistere all’udienza. Il giudice ha provato a interrompere quasi subito, parlando sopra al compagno che stava leggendo la dichiarazione, al che gli imputati sono usciti dall’aula definitivamente. Sappiamo che subito dopo anche Giova e Ghespe hanno chiesto di essere portati via, e la cosa ha forse provocato nel giudice un ripensamento, perché ha fatto richiamare Paska per chiedergli se volesse tornare in aula. Il compagno ha assentito, e così pure Giova e Ghespe. I compagni imputati invece sono rimasti all’esterno del tribunale, dove alcuni hanno improvvisato un breve presidio nei pressi del cancello d’ingresso, per poi riunirsi con gli altri nell’attesa di salutare i compagni al termine dell’udienza. Questo però non è stato possibile, perché i tre, a fine processo, sono stati caricati in fretta e furia nei furgoni cellulari che hanno fatto un pezzo di strada in contromano per non passare davanti ai compagni, ma si sa, la miseria umana dei secondini non ha confini.

La giornata si è conclusa con un giro per i quartiere di Sant’Ambrogio e un banchetto in una piazza dello stesso quartiere.

Esprimere solidarietà attiva nei confronti di Giova, Paska, e Ghespe è, in questo momento, sempre più urgente, ricordiamo che Paska è in sciopero della fame dal 5 Novembred, ed è compito nostro fargli sentire il nostro sostegno e la nostra complicità.

Domenica 18 ottobre, dalle ore 15:00 saremo sotto al carcere di La Spezia,

sportivi e incazzati!