All’udienza era presente Paska ed una decina di compagni. All’inizio Paska ha fatto una breve dichiarazione per mettere a conoscenza del fatto che gli sta venendo fotocopiata la corrispondenza nonostante non sia sottoposto a censura da parte dell’autorità giudiziaria. Per questo, vista la persistenza di una fastidiosa ulteriore sorveglianza nei suoi confronti, è rinnovata l’importanza di scrivergli per mostrare la nostra solidarietà per lui, e la nostra ostilità nei loro confronti. Successivamente ha deposto la digos in merito all’attribuzione di identità dei conversanti in alcune intercettazioni ambientali.

Poi è stata la volta dei periti nominati dal tribunale. Il medico legale ha fondamentalmente sostenuto che l’artificiere non ha subito lesioni potenzialmente letali e non è mai stato in pericolo di vita. Il perito dell’accusa, nonostante abbia insistito sulla possibilità che se le schegge dell’ordigno avessero colpito altre regioni avrebbero potuto avere conseguenze letali, ha convenuto sul fatto che il pericolo di vita non ci sia stato. Il perito della difesa ha sottoscritto le dichiarazioni di quello del tribunale e, con l’acquisizione del dato radiologico, ha confermato la distanza delle schegge da parti vitali e l’assoluta non micidialità dell’ordigno. La conclusione pressoché condivisa, quindi, è che siccome non c’è stato pericolo di vita, è possibile parlare al massimo di lesioni gravissime.

In seguito è stata la volta del genetista e del biostatistico nominati dal tribunale che hanno deciso di non effettuare una nuova analisi del dna in quanto, a detta loro, la quantità residua presente sul reperto era di 5 microlitri mentre le precedenti analisi effettuate dalla perita dell’accusa erano su campioni di 15 microlitri. Pertanto hanno solo controllato la correttezza dei calcoli e dell’analisi effettuati dall’accusa confermando che l’ipotesi accusatoria (ovvero che sull’ordigno sia presente il DNA di un soggetto che presumono sia Ghespe) era enormemente superiore a quella della difesa. Hanno comunque precisato che l’analisi del dna fornisce soltanto una probabilità, se pur alta, e mai una certezza, per questo loro non possono trarre conclusioni, questo compito spetta a chi giudica. Il genetista della difesa ha contestato il fatto che non siano state effettuate nuove analisi sul pur piccolo campione residuo (fatto che costituiva in effetti l’argomento del quesito posto dal tribunale) e che proprio l’accusa, a differenza sua, avendo precedentemente sostenuto in aula la non importanza della quantità di materiale e dei metodi d’analisi fosse perciò in contraddizione con se stessa. Il perito ha insistito che la presenza di 5 alleli su 7 sistemi comportasse la presenza di almeno 3 donatori sul campione (visto che ogni individuo può contribuire al massimo 2 alleli per sistema) e che, ovviamente, aumentando i soggetti in questione cambierebbe anche il rapporto di verosimiglianza. Inoltre interrogava sul fatto che, essendo di almeno 2 soggetti oltre all’artificiere il dna presente sul reperto, l’unico attribuito non potrebbe necessariamente rappresentare quello del “colpevole” e, a maggior ragione, avrebbe potuto essere presente fortuitamente, ad esempio per trasporto. Per la cronaca stiamo parlando di un campione misto la cui analisi ha riguardato 7 cellule. L’udienza è terminata con una nuova calendarizzazione delle udienze in quanto il perito che si occupa delle trascrizioni non era stato in grado di effettuare la trascrizione della mole di intercettazioni ambientali ed è stata necessaria la nomina di altri periti in suo supporto. Le udienze dell’11 e del 12 aprile perciò salteranno. Le prossime saranno quella del 18, dove dovrebbero essere trattate queste intercettazioni; il 24 dovrebbe esserci la requisitoria dell’accusa e delle parti civili, mentre il 29, il 30 aprile e il 6 maggio sarà la volta delle arringhe della difesa. Il 9 maggio è stata stabilita come data inderogabile in cui sarà emessa la sentenza. Paska, in forma e sorridente, ci ha salutato dicendoci che ci vediamo il 18 (alle ore 9).